Arad. Riviste pour femmes, che passione!
Ok lo so, lo so a febbraio avevo detto “rubrichetta a cadenza variabile”, poi il tempo mi è sfuggito di mano. Sono pessima. Comunque GIURO sul mio sex toy del cuore che d’ora in avanti cercherò di fare la donna seria e di scrivere con una certa regolarità. Siate comprensiv@!
Bando alle ciance, veniamo al racconto di oggi.
Qualche giorno fa sono andata dall’estetista. In un altro post vi racconterò come ho difeso con le unghie e con i denti la sopravvivenza di quattro peli quattro sulla mia amata, ma ora vi voglio raccontare come mi sono letteralmente innamorata delle riviste femminili marocchine. E quale posto migliore pour tomber amoureux se non i divanetti di un’estetista? Stavo lì in attesa che l’unica ragazza francofona si prendesse cura di me e mi sono messa a sfogliare le riviste appoggiate sul tavolino di fronte.
Diciamolo pure anche in Italia i femminili ci piacciono (almeno a me!) e quando andiamo dal parrucchiere, dal medico o in bagno siamo contente di trovarci qualche rivista che ci insegna in modo molto glamour come rendere la pelle luminosa, eliminare definitivamente la cellulite in sole 10 mosse (e senza fare sport!) oppure qualche tecnica improbabile per far godere il nostro partner. Se poi però vogliamo sapere cosa succede nel mondo, quali battaglie combattono le donne per i loro diritti o l’ultimo esempio del più becero maschilismo ci rivolgiamo altrove, in Italia molto spesso sul web.
Io qui queste cose le ho cercate come una pazza da quando sono arrivata: ho comprato tutti i quotidiani in lingua francese, mi sono abbonata all’unico settimanale vagamente d’inchiesta disponibile e ho smanettato in internet per ore. Nella stragrande maggioranza dei casi ho trovato sessismo, populismo e servilismo al re. Immaginate quindi il mio stupore quando, dove mi aspettavo di trovare lozioni per il viso e tradizionalismo arabo, ho scoperto politica, reportage, femminismo, sessualità, coraggio e primavera araba.
E’ il novembre del ’95, Aïcha Zaïmi Sakhri, Nasreddine El Efrit, Géraldine Dulat, Leïla Benyassine e Kenza Bennis hanno poco meno di trent’anni, sono femministe e da grande vogliono fare le giornaliste. Non ci vuole molto ad immaginare che a metà degli anni novanta per una donna marocchina si trattava di un sogno parecchio difficile da realizzare. E allora loro che fanno? Il giornale se lo fanno da sole. E’ Femmes du Maroc dove, tra un servizio sui caftani da sera e uno sui colori fashion dell’estate, si può trovare un editoriale di fuoco contro il governo islamista di Benkirane (di cui fa parte un’unica donna, per altro smaccatamente conservatrice), un’inchiesta iper-accurata sulle blogger della primavera araba, una rubrica giuridica per conoscere nel dettaglio i propri diritti ed un test sulla sessualità che annovera ben due domande su come e se ti piace fare squirting.
Come potrete immaginare, in questo paese conservatore governato da una monarchia costituzionale con velleità dittatoriali non hanno vita facile. E la cosa che proprio non gli perdonano non è tanto l’occuparsi di politica, ma il nominare la sessualità femminile. I guai cominciano nel ‘97 quando pubblicano un abbecedario sulla sessualità femminile dove la S sta per sodomia e a fianco di una franca descrizione di questa pratica erotica, c’è un commento critico su come la sodomia venga utilizzata in Marocco come alternativa al sesso vaginale visto che la perdita della verginità prima del matrimonio per le donne (e solo per loro) equivale di fatto alla perdita della cittadinanza.
Al ministero per l’Informazione e a palazzo reale non la prendono molto bene. Il numero viene ritirato da tutte le edicole e le giornaliste convocate al ministero per il primo di molti avvertimenti. Loro però non si fanno intimidire, vanno avanti per la loro strada e negli anni 2000 inaugurano delle rubriche sulla sessualità che tematizzano il sesso fuori dal rapporto matrimoniale e l’utilizzo del profilattico per contrastare la diffusione del HIV. Ogni tanto le convocano, ogni tanto ritirano qualche numero, ogni tanto le multano, ma loro vanno avanti forti di 20.000 copie vendute al mese in lingua francese e più del doppio in lingua araba.
Che sia chiaro, non aspettatevi la fanzine di un collettivo. E’ una rivista femminile mainstream con tutti i crismi, foto di moda patinate e kitch incluse. E’ anche un rivista femminista, però, che ha il coraggio di scrivere di sesso, di aborto, di violenza, di diritti sul lavoro o di maternità con una schiettezza e una radicalità che raramente ho avuto il piacere di leggere sui femminili nostrani, inclusi quelli wanna be progressisti.
Mettiamola così: secondo me le redattrici di D di Repubblica dovrebbero andare a fare uno stage dalle colleghe marocchine. Pagate 5 euro a pezzo, ma solo se raggiungono i 200 € sia chiaro ;)