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Quando il vibratore scompiglia l’ordine patriarcale

Romania. L’Orgoglio dell’Est (parte 1)

Ci ha sicuramente regalato attimi indimenticabili, e costituisce sorprendentemente il nostro energizer, come direbbero i trainer EVS, incaricati della non formal education di noi altre… questo pezzone

Ad essa sono infatti legati indissolubilmente e imperituramente ricordi di rara profondità, come ad esempio le prime parole di Gurkan. Gurkan è stato una sorta di coinquilino turco, piuttosto inabile al dialogo e alla comunicazione tra i generi e le etnie; sul finire del suo EVS, tuttavia, nel corso di un rinfrescante pomeriggio di Predeal, ci guardò con occhi amorevoli, e rivolgendoci per la prima volta la parola, rese grazie e disse: Jhonny, la gente esta muy loca!

Dobbiamo invece noi rendere un ulteriore amorevole grazie a tale capolavoro per un orgasmo collettivo, occorso nel corso del Budapest Pride 2012. Sarà stato il principio di insolazione, sarà stato il calo di pressione dovuto al trasporto del nostro personal striscione: Bologna Queer Revolt, forse la mancanza di liquidi, ma quando il primo carro ha cominciato a sputare: All day, all night etc etc, il mondo intorno a noi mi è sembrato impazzire; noi, li dentro, pure. Improvvisamente, nel nostro spezzone di corteo si sono scatenati mille energici sventolanti arcobaleni, densi, maestosi, sincronizzati e perfettamente coreografati sui suoi alquanto discutibili bassi. Noi ci siamo difese piuttosto bene con il nostro cartellino, e le bandierine formato cocktail (ops, quelli dei cocktail sono gli ombrellini, ma gusto per rendere l’idea delle proporzioni) non si sono certo fatte impressionare dalle moli delle sorelle maggiori, e ci hanno dato dentro più di tutte, tra le mani massicce di quella favolosa settantenne a due passi da noi. E’ uno di quei momenti in cui è possibile percepire la bellezza di quanto si sta facendo: è il bel momento in cui l’orgoglio ti si piazza in viso, passando per le endorfine.

Per la prima volta, i lineamenti dell’orgoglio (miei e altrui) non somigliavano scandalosamente a quelli prodotti dalle trash di Dj Topo (padre, riverisco): ettolitri di vodka-e-i-suoi-derivati altamente sfiguranti. Romania e Ungheria mi hanno infatti regalato i primi Pride assolutamente sobri della mia vita, e giuro che non avevo mai preso troppo seriamente tale eventualità.

Se, infatti, le mie istruzioni tradizionali per un ottimo Gay Pride (facilmente consultabili su: La Deriva Neuronale: Le Ricette di Ludmilla per Tutte le Stagioni) sono riassumibili attraverso la magnifica triade di ingredienti: 2 kg di Brillantini, Pizzo rosso q.b. e, come accennato poc’anzi, 7 litri facilmente trasportabili di Vodka (meglio se calda, meglio se dell’Eurospin), devo ammettere di essere venuta meno all’intossicazione cult-oralmente prescritta, per fare mia ben altra usanza.

Il passaggio di stato, o se preferite: di personaggio, da focosssa travesti s(b)orniona, a giunonica fanciulla estremo-lombarda struccata in scarpe comode e canotta (seppur PussyWarrior) è stato meno doloroso del previsto, e non è solamente motivabile dal motto: Paese che vai (non mi ero mai soffermata sull’incongruenza sintattica del motto), usanza che trovi, bensì anche da un foglietto illustrativo, in dotazione congiuntamente a maschere varie e eventuali, invece, al Bucharest Pride 2012. (Foto foglietto).

Come ogni bugiardino che si rispetti (anche se in questo caso di bugiardo c’è ben poco), anche questo flyer contiene una sorta di posologia minima: “Se piove si continua” (Grandi!), e una serie sconcertante di controindicazioni, e consigli su come rapportarvisi: al posto del numero del Centro Veleni di Milano, il numero della Polizia e degli organizzatori del Pride. “In caso venissimo insultati, si ignora e si continua”; “In caso venissimo fisicamente aggrediti, ci sediamo per terra, per agevolare l’intervento della Polizia; “Alla fine della manifestazione raccomandiamo per la vostra sicurezza di togliere di mezzo simboli che possano identificarvi come partecipanti alla marcia (e cioè come omosessuali)  e di defluire in gruppi numerosi di persone”.

Lo stesso giorno del Bucharest Pride 2012 (30/06/2012) altrimenti detto: Marcia della Diversità, ha avuto infatti luogo anche un’altra manifestazione antagonista, chiamata in maniera piuttosto originale Marcia della Normalità, organizzata dai soliti geni della Nuova Destra locale: svastiche, insomma, e una retorica invero piuttosto agreste, che per grettezza farebbe probabilmente arrossire le prime file ischemiche della Lega Nord, e provocherebbe un complesso d’inferiorità collettivo nei circoli di Forza Nuova.

Di seguito il video delle due manifestazioni, prodotto dal movimento LGBTQI locale:

[youtube id=”pFVHyEKqR_E” width=”600″ height=”350″]

“Nell’agenda omosessuale internazionale c’è il complotto di recarsi in massa nell’Europa dell’Est  e adottare tutti i bambini poveri.”
Ma magari, no?

Caro Gurkan, è proprio il caso di dirlo: La gente està muy loca.

Nonostante i propositi dei difensori della Romania dall’inquinamento morale (forse, a proposito di questi signori, bisognerebbe cominciare a parlare seriamente di inquinamento umano) il Bucharest Pride 2012 è andato liscio, poco frequentato (200 partecipanti), blindato dalla polizia e senza scontri. Che io sappia non vi sono state aggressioni fisiche ai danni dei manifestanti nemmeno dopo il corteo. Tuttavia, dalle testimonianze degli attivisti locali possiamo rintracciare un recente passato di violenza, e livelli estremi di opposizione politica e sociale al movimento e alle esistenze LGBTQI.

Tale situazione ha generato, ci dicono, un calo costante e notevole di partecipazione ai Pride, alle iniziative portate avanti dal movimento, di visibilitàà e di coscienza politica; come giustamente ha infatti suggerito un manifestante: ci sono 200 persone in strada e qualche migliaio che nello stesso momento sono connessi alle chat gay. Le persone hanno paura della violenza, violenza fisica, violenza simbolica, che porta inevitabilmente all’isolamento dei singoli e alla chiusura dell’omosessualità in gruppi chiusi, in minuscoli bacini silenziosi, insonorizzati, a tenuta stagna. Per fortuna, dalle bolle che si vogliono d’amianto si stanno aprendo delle meravigliose falle, sempre più numerose e sempre più grandi. Come l’erba si fa strada in mezzo al cemento, la samba queer (felicemente importata da Budapest) scoppia, invece, in mezzo alla strada, fa casino, richiama l’attenzione, pretende, si prende la sua visibilità.

Il bandierone arcobaleno era più lungo dell’intero corteo (ne avanzava fuori un pezzo, come si suol dire), praticamente tutti l’abbiamo tenuto, ci congiungeva, ci rendeva un enorme vermone ciccione con i superpoteri: è il bel momento in cui l’orgoglio ti si piazza in viso, passando per la comunione cellulare.

Sono profondamente invaghita dall’attivismo di Bucharest, dall’energia genuina, vitale, precisa, che si respira  negli spazi, nei dialoghi e nella disponibilità delle persone, nel desiderio di condividere esperienze, nell’accoglienza e inclusione immediata che ci sono state regalate. Tanta voglia di fare e poche menate retoriche.

Vorrei approfittarne per ricordare l’orso con la maglietta rosa, mio dirimpettaio di bandiera, che si divertiva come un matto (se la rideva davvero un sacco, il burlone) a strattonarmela via dalle mani, e il ragazzo solitario di Costanta, rimasto custode della mia pezza Pussy Warrior, one of us.

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