Bibliografia su genere e spazio pubblico
Addentrarsi nello studio dello spazio pubblico, nello specifico quello urbano, utilizzando una prospettiva di genere, non è cosa così semplice. Una bibliografia sull’argomento può quindi essere uno strumento utile e condivisibile per chi volesse intraprendere quest’impresa.
Personalmente ho dovuto farci i conti per la mia tesi e il primo passo è stato stabilire i criteri di selezione bibliografica e chiarificare quella tipo d’impostazione teorica si volesse utilizzare. Due parole su quale tipo di significato dei concetti cardini, genere e spazio pubblico, sono quindi d’obbligo.
Genere
Con il termine genere si fa riferimento all’accezione utilizzata da Gayle Rubin, nella sua opera The traffic in women: Notes on the”political economy of sex, del 1975. L’antropologa parla di un sex gender system in cui il dato biologico viene utilizzato per instaurare un sistema binario asimmetrico, dove il maschile ricopre una posizione privilegiata rispetto al femminile. Ogni società ha un particolare sex/gender/system, ossia un insieme di attribuzioni pratiche e simboliche date all’appartenenza sessuale e alle relazioni tra i sessi.
Il genere è la differenza tra essere umani più universalmente naturalizzata. Si tratta quindi di una struttura sociale che si origina nell’evoluzione della cultura umana e non nella biologia o nella procreazione. L’importanza del saggio di Rubin risiede, tra le altre cose, nel porre fine alla tendenza di considerare sesso e genere come sinonimi. Nella versione canonica di questa coppia concettuale, il primo fa riferimento alla caratteristiche e attitudini sociali e culturali il secondo alle differenze biologica tra corpo femminile e corpo maschile, che sarebbero quindi innate e “naturali”.
Ho provato ad andare oltre quest’impostazione attraverso le teorie di Judith Butler, che invece ritiene che anche i corpi e il sesso siano costruiti culturalmente e socialmente. Nell’opera Bodies that Matter, tradotta in italiano con il titolo Corpi che contano, Butler applica al sesso ciò che comunemente si attribuisce al genere: anche il sesso sarebbe quindi una costruzione culturale e non una realtà biologica e materiale predefinita. Per Butler il sesso non è una norma, anzi la norma per eccellenza che, grazie alla potenza della performatività, produce ciò che nomina.
Spazio pubblico
Il genere in questi studi viene quindi considerato come un produzione culturale specifica, concezione che è assolutamente aderente anche allo spazio pubblico. In esso si producono e riproducono le asimmetrie e le gerarchie che caratterizzano le relazioni sociali.
L’idea di spazio pubblico come “campo relazione complesso” la si trova perfettamente esposta in Michel Foucault. In Sicurezza, territorio e popolazione il filosofo francese sostiene che ogni tipo di sistema di potere costruisce uno spazio pubblico specifico, nel quale riproduce e perpetua il proprio ordine sociale. Uno spazio quindi le cui caratteristiche e peculiarità sono funzionali ad obiettivi e ad imperativi, politici, economici e culturali. Secondo Foucault inoltre soltanto nello spazio, e nello specifico in quello urbano, si concretizzano le differenti strategie che il potere usa per ottenere un funzionamento efficace del controllo del corpo sociale.
Che spazio pubblico urbano e potere siano intrinsecamente legati lo si può facilmente comprendere analizzando le trasformazioni che hanno riguardato le città contemporanee negli ultimi trent’anni, efficacemente descritte da Agostino Petrillo nel saggio La città perduta. Le innovazioni tecnologiche e i recenti cambiamenti nella sfera economica, politica e sociale, che vanno sotto il nome di globalizzazione, hanno trasformato drasticamente la città: megalopoli, città globali, sprawl o città diffusa, tanti sono i nomi per indicare le radicali modifiche subite dallo spazio urbano.
Se davvero poi si vuole avere un’analisi illuminata su funzioni ed importanza degli spazi urbani nella contemporaneità è indispensabile la lettura di Saskia Sassen, madre della nozione di “città globali”, titolo di un suo famoso testo. Con questo concetto fa riferimento alla città intesa come luogo d’intersezione tra globale e locale, sottolineando l’importanza strategica che acquisisce nel nuovo contesto contemporaneo. Secondo Sassen, infatti, la globalizzazione economica e l’emergere di un potere politico transnazionale hanno profondamente cambiato lo spazio urbano, il suo ruolo e le sue funzioni nell’ambito del sistema di potere. É convinta che le trasformazioni attuali vadano esaminate in relazione alla nuova e diversa geografia del potere, che a livello più semplice e immediato si riconosce nella presenza delle istituzioni come il WTO, o il Fondo monetario internazionale piuttosto che nei mercati finanziari globali o nelle grandi multinazionali, ovvero in una serie di condizioni che modificano il rapporto dello Stato col suo proprio territorio e col sistema sovranazionale. Al contempo Sassen sottolinea come le città globali siano i luoghi privilegiato del conflitto,delle espressione delle differenze, che al suo interno sperimentano forme di organizzazione del tutto nuove ed imprevedibile: “La piazza, la strada non sono dunque solo il luogo dove si avanzano rivendicazioni, ma anche lo spazio per rendere manifesto il potere dei movimenti sociali” come sottolinea in una articolo apparso sul “ Il Manifesto” il 17 luglio dell’2011.
Lo spazio pubblico non è e non è mai stato un semplice contenitore di eventi ma è il luogo dove pratiche, comportamenti ed immaginari vengono prodotti, riprodotti, legittimati o esclusi e stigmatizzati.
Questi meccanismo non sono neutri, né tanto meno innati, ma significati e determinati in maniera precisa, specie e soprattutto in riferimento al genere. Lo spazio pubblico della città, sia esso la piazza o la strada etc, per quanto sia spesso definito come di tutte e tutti è in realtà il luogo in cui manifestare il comportamento ritenuto normale, legittimo e adeguato, tre concetti che risultano immediatamente legati ai ruoli e funzioni di genere.
Differenze di genere innanzi nell’accesso e nel tipo di attitudine da mettere in atto nello spazio pubblico urbano, sono state codificate sin dagli albori della tradizione occidentale, ma sono state ribadite con forza con l’avvento della seconda rivoluzione industriale, come descritto da Alessandra Broccolini, in un saggio presente nel libro È successo qualcosa alla città. Manuale di antropologia urbana. Fa parte di questo testo anche un interessante saggio di Rachele Borghi, la quale fa parte di quel filone di studi geografici, che grazie ad un felice connubio con i queer studies, mostra come l’agibilità politica nello spazio pubblico è riconosciuta a quei soggetti che rispondono ai criteri imposti dalle costruzioni sociali e dal senso comune. Il sanzionamento sociale e culturale verso tutti i soggetti altri rispetto ai valori dominanti, è messo ben in luce attraverso il concetto di eteronormatività. Con questo termine si intende la naturalizzazione dell’eterosessualità quale “normale” forma delle relazioni di genere, le cui implicazioni sono esposte in maniera organica da Judith Butler in Gender trouble.
In un testo curato dalla stessa Borghi insieme ad Antonella Rondini, si mette bene in luce come lo spazio pubblico sia costruito intorno ai binomi giusto/sbagliato, lecito/illecito omosessuale/eterosessuale.
La concezione, socialmente costruita, di cosa debba intendersi per mascolinità e femminilità si traduce in una gestione fortemente normativizzata dello spazio: esistono infatti luoghi socialmente destinati alle donne, non solo la casa ma anche scuole, asili, dato che la cura dei figli è un ruolo che spetta alle madri, toilette pubbliche.
Proprio i bagni pubblici sono un esempio estremamente efficace di come l’eteronormatività trova nello spazio un alleato indispensabile per la sua efficacia; la divisione tra bagni destinati agli uomini e bagni destinati alle donne non solo naturalizza l’idea che biologicamente esistono solo due sessi, ma presuppone anche che esista una maniera diversa di utilizzare uno spazio votato alla stessa funzione. La naturalizzazione di questa divisone fa si che ogni comportamento scorretto venga sanzionato all’interno dello spazio pubblico, e che il suo uso sia vincolato dai ruoli sociali di uomini e donne.
(Ndr. Per approfondire il tema toilette pubbliche qui una dettagliata recensione dal Portogallo: Ode a vespasiano)
Ecco quindi che una scelta personale quale dovrebbe essere la cura dei figli viene prescritta socialmente: tale imposizione si riproduce nello spazio attraverso la dotazione solo nei bagni delle donne di fasciatoi per neonati. Il testo illustra anche ragionamenti ed esempi di come ci si possa riappropriare dello spazio pubblico, giocando decostruendo e deformando le regole, le funzioni e l’immaginario di genere, attraverso l’uso della performance, in linea con il pensiero della solita e cara Butler.
Bibliografia
Barberi, P., ( a cura di) (2010) È successo qualcosa alla città. Manuale di antropologia urbana, Roma, Donzelli Editore ( è una raccolta di saggi tra cui uno interessante di Rachele Borghi e Broccolini A., (2010) La città delle donne: esclusione, flanerie e diversità.)
Borghi, R., Rondinone, A., (a cura di) (2009) Geografie di genere, Milano, Edizioni Unicopli.
Butler, J., (1995) Corpi che contano. I limite discorsivi del “sesso”, Milano, Feltrinelli
Butler, J., (2006) Gender Trouble. Feminism and the Subversion of Identity, New York-London, Routledge Classics 2006.
Foucault M., (1984) Storia della sessualità: Vol.1. La volontà del sapere, Milano Feltrinelli.
Foucault, M., (2005) Sicurezza, territorio, popolazione. Corso al Collège de France (1977-1978), Milano, Feltrinelli Editore.
Petrillo A., (2000) La città perduta, Bari, Edizioni Dedalo.
Sassen, S.,(2003) Le città nell’economia globale, Bologna, Il Mulino.