Betty&Books

Quando il vibratore scompiglia l’ordine patriarcale

The Love Word. Intro.

Oggi è San Valentino: c’è chi festeggia e chi se ne frega, Betty&Books semplicemente se ne ricorda e coglie l’attimo. B&B è lieta di pubblicare alla vecchia maniera dei racconti pubblicati parzialmente nelle riviste capitolo x capitolo, settimana x settimana, (insomma come una soap opera che si rispetti) il saggio di Gaia Giuliani e Chiara Martucci, The L(ove) word. Autonarrazioni a confronto (1993-2013), in G. Giuliani, C. Martucci, M. Galetto, L’amore ai tempi dello tsunami, Ombre Corte, Verona, 2014 (maggio).

Introduzione

Questo nostro contributo nasce da un dialogo serrato durato due anni e fondato su di un’amicizia e una collaborazione politica che dura da più di un decennio. È stato agevolato dall’assoluta precarietà territoriale di Gaia e dall’ospitalità emotiva e materiale di Chiara. Milano è stata, dal 2011 al 2013, tappa di numerose partenze e ritorni in Italia, legati alle coazioni precarie del mercato del lavoro immateriale internazionale, che ci hanno permesso di portare avanti una  riflessione comune sincopata, ma con una sua continuità e coerenza. Fondamentali nel produrre questo scambio sono state l’intersezione di molteplici frammenti delle nostre traiettorie biografiche e la sintonia, curata e cresciuta nel tempo, nel modo di guardare alle nostre vite e vicende, personali e politiche.

Ci conosciamo dal 2002, quando lo Sconvegno, il collettivo di cui Chiara faceva parte, andò a Bologna[1] a presentare il volume Relazioni di donne a Sconvegno[2]. A quel punto, il network femminista di Gaia, il Sexyshock con base nel capoluogo emiliano, aveva già un respiro locale e nazionale. Appena ci siamo incontrate, ci siamo abbracciate d’istinto, perché in realtà ci sembrava di “conoscerci” da sempre, grazie ai network virtuali del femminismo della terza onda[3]; @Maquinaria e @Chicla[4] parlavano già lo stesso linguaggio, molto prima di essersi viste e toccate. Eravamo e ci sentivamo simili: perché stavamo condividendo le stesse forme di precarizzazione, perché ci accomunavano uno sguardo di ironica ricerca rispetto alla nostra sessualità, un approccio post-moderno alle teorie sul genere e, soprattutto, perché entrambe affrontavamo le scommesse del nostro tempo con un enorme entusiasmo.

Nelle prossime pagine, parleremo di noi: delle nostre esperienze politiche, dello studio, del lavoro, ma anche e soprattutto dell’amore e degli affetti, dei modelli di genere e della sessualità, nelle molte e diverse forme in cui li abbiamo sperimentati e desiderati.

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Le sezioni di cui si compone questo contributo seguono un ordine cronologico: abbiamo identificato quattro momenti “topici” che hanno segnato gli ultimi vent’anni di Storia e delle nostre storie di vita.

Il 1993 è l’anno che segue alla Guerra nel Golfo – conflitto che ha profondamente cambiato gli immaginari di guerra e di pace e che è il risultato, se vogliamo, della fine delle retoriche legate all’equilibrio bipolare della Guerra fredda. È anche l’anno in cui scoppia Tangentopoli, da cui la ricomposizione delle forze politiche istituzionali italiane che porterà alla nascita della cosiddetta Seconda repubblica. Il maggiore partito comunista d’Europa scompare, portandosi nella tomba segreti e bugie. Per noi, quell’anno ha rappresentato l’ingresso nel mondo universitario e nell’attivismo dei centri sociali e dei collettivi dell’area antagonista. Per entrambe il 1992-1993 segna l’inizio di un percorso che dura tutt’oggi: in modo non lineare, segmentato, talvolta contraddittorio e ricco di sorprese.

Il 2001 è stato l’anno del crollo delle Twin Towers e delle manifestazioni contro il summit del G8 a Genova: è l’anno che funge da spartiacque per le nostre storie di attiviste, per la Storia d’Italia e dei suoi movimenti sociali e per la Storia globale, che tale da quel momento viene chiamata. Da lì in poi, infatti, le relazioni internazionali e i rapporti geopolitici e militari vengono descritti e si parlano con un linguaggio diverso, che prende vita all’interno del lessico della Guerra al Terrore. Per noi, che a Genova siamo state e che, sgomente, neanche due mesi dopo, guardavamo le immagini di New York a reti unificate, quell’anno ha significato la nascita delle formazioni politiche che per un decennio hanno attraversato le nostre vite: Sconvegno a Milano e Sexyshock a Bologna.

Il 2008 è l’anno terribilis della Storia dell’economia occidentale: lo tsunami economico deflagra. I suoi sintomi – nonostante il discorso negazionista dei governi di tutti gli schieramenti, in Italia e altrove – erano stati esperiti già da tempo nelle vite delle e dei precari, le cui condizioni avevano di molto anticipato quello che sarebbe stato a breve uno stato di cose generalizzato. I movimenti precari, come quelli riuniti nel primo maggio milanese (May Day parade) l’avevano previsto sin dai primissimi anni Duemila, pur restando inascoltati, come cassandre pessimiste di un’élite di pazzi visionari. Quest’anno è stato per noi quello che ci ha portate a scoprire “il lato B” della precarietà: a Chiara, ha rivelato che la precarietà non è solo soggettiva, temporanea e legata alle forme contrattuali del lavoro ma collettiva, permanente ed esistenziale, e a Gaia, che essa è violenta, di una violenza che riduce le ambivalenze più ricche di possibilità che la precarietà intesa come flessibilità sembrava permettere, per renderla un complesso di dinamiche strangolanti da un punto di vista sia economico (quasi assenza di reddito), sia biografico.

Il 2013 è il tempo presente, il punto di partenza da cui abbiamo riletto le nostre esperienze passate, ma è anche il luogo fisico e simbolico dei bilanci e dei rilanci. Ci soffermiamo così, nell’ultima sezione, sulle questioni legate al nostro piccolo Che fare? ossia su ciò di cui possiamo fare tesoro in questa fase e su ciò che invece possiamo lasciare indietro, per continuare a immaginare, progettare e costruire la nostra vita, ora e in futuro.

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Abbiamo scelto la pratica femminista dell’autonarrazione facendo entrambe nostro il principio del partire da sé. Rileggendolo alla luce di quella che Adrienne Rich ha definito “la politica del posizionamento”, questo principio significa per noi avere presente e far presente la nostra posizione rispetto ai vettori sociali e identitari di sesso, genere, razza, classe, sessualità, religione e capitale culturale. Questo approccio, ci permette di scavare a fondo e decostruirci come soggetti e rendere chiaro, prima di tutto a noi stesse, dove si origina il nostro sguardo sul mondo. Significa anche e soprattutto interrogarci sulle possibilità e prospettive delle nostre agency e soggettività.

L’autonarrazione ci corrisponde anche per altre ragioni: per Chiara perché è, in primis, la cosa che le riesce meglio e perché le permette di procedere nel processo di “disintossicazione” dai linguaggi e dalle formule accademiche, che considera per lo più noiosi e autoreferenziali. Per Gaia, perché essa ha la capacità di unire il linguaggio accademico che più le piace – quanto alla sua capacità di articolare ed esprimere profondamente le riflessioni personali e politiche – con la messa in parole della propria esperienza di vita, con uno stile che possa così essere più facilmente comunicabile e condivisibile.

Nonostante la giustapposizione delle nostre voci possa sembrare a tratti stridente per la diversità dei loro timbri, questa formula ci sembra lo strumento più adeguato a dare visibilità ai diversi punti di vista e approcci: il tentativo è quello di lasciare spazio a quanto ci distingue, senza imporci la ricerca di un linguaggio comune. Gli stili narrativi riflettono infatti i nostri singolari percorsi: è a partire dall’assunzione di tali differenze che vogliamo far emergere le nostre molteplici convergenze intellettuali, politiche e affettive.

Vuoi leggere la prima puntata? la trovi qui


[1] Presso il Centro di documentazione, ricerca e iniziativa delle donne dell’Associazione Orlando di Bologna.

[2] Generazioni di donne a Sconvegno è un piccolo volume che raccoglie gli atti dell’incontro “Lo Sconvegno. Quali soggettività femministe oggi?”, tenutosi il 4 maggio 2001 presso la sala dell’Unione Femminile Nazionale di Milano. Vi hanno partecipato circa duecento donne di diverse generazioni e qualche uomo, venuti da tutta Italia per dedicare una giornata alla discussione politica, a partire dagli spunti di un documento elaborato da Eleonora Cirant, Chiara Lasala, Seveva Magaraggia, Elisabetta Onori, Francesca Pozzi e Chiara Martucci, ovvero le componenti di quello che sarebbe diventato a breve il gruppo Sconvegno.

[3] I network di cui facevamo parte insieme erano la Rete 30something, la lista internazionale femminista NextGenderation, quella della May Day milanese e quelle degli European Social Forum, tutte nate all’inizio degli anni Duemila.

[4] I nostri nickname di posta elettronica.

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