Betty&Books

Quando il vibratore scompiglia l’ordine patriarcale

I’m intersex. You are trans.

And you are my sister and I love you (¹)

Ho tolto il seno a 21 anni, quando chiesi a mia nonna a chi l’avessero rimontato mi disse: “a quella cori arzate viè a vedè”
stavamo nella stanza della clinica e sotto la finestra stava passando un’attrice con due canotti al posto delle labbra, il chirurgo secondo me aveva studiato pizzo al tombolo perché mi ha fatto un lavoro perfetto al dritto e al rovescio, seimila euro sull’unghia in una clinica convenzionata, cornetto e cappuccino costavano appena 30 euro, na sciocchezza.

Prendo ormoni da 13 anni all’inizio in gel poi ce so andata a rota, ho alzato il dosaggio e ho iniziato a farlo intramuscolare, una puntura ogni 17/18 settimane e stai una favola anzi diventi la favola che ti racconti, il testosterone non mi fa sentire più virile, potente, maschio e soprattutto rabbioso, penso che se sei stronzo ce parti da casa non sono gli ormoni hai proprio un carattere di merda di tuo, al testosterone viene dato un valore maschile riempiendolo di contenuti socio-culturali che una sostanza sintetizzata in se non he, il fatto che ti faccia venire barba e peli non è indicativo di niente nello specifico, il valore dei simboli muta da soggetto a soggetto e anche i simboli mutano, magari prendi testosterone e poi ti fai la ceretta perché il modello di maschilità a cui vuoi aderire non concerne la presenza dei peli, ogni persona trans viaggia verso un’idea di se che non è mai binaria o non binaria ad esserlo sono le politiche del corpo e sul corpo, noi siamo altro, oltre.

Io non ho mai pensato al mio corpo in termine di accettazione, ho tolto il seno perché ero interessato a raggiungere un’idea di me non a distruggere qualcosa è stato un processo edificante, ma nel mio caso qualcosa di più profondo scuote le coscienze delle suorine dentro, la medicalizzazione, essendo una persona intersex devo essere per forza vittima di un intervento, non posso essere un soggetto desiderante e soprattutto in una dimensione in cui il corpo intersex è cancellato attraverso pratiche mediche, transitare verso la propria idea di maschilità è peccato mortale, piuttosto di venirmi riconosciuta una dimensione trans vengo considerato come una persona che auto-elimina il suo corpo, sembra che una persona intersex debba obbligatoriamente vivere una dimensione specifica del corpo non può immaginare e materializzare altro.
Questa prospettiva è il rovescio della medaglia del discorso medicalizzante in cui parimenti non ti viene riconosciuta l’esperienza trans perché la “naturalità” del tuo corpo viene iscritta in una dimensione malata e nel mio caso maschia ed attraverso la diagnosi di un disturbo dello sviluppo sessuale amica vicina e lontana questo protocollo medico da disforia di genere ti diventa protocollo intersex, la sostanza non muta a mutare è la sua concettualizzazione e l’agency del soggetto, infatti se una persona sceglie di transitare è matta, se i medici decidono che devi transitare è tutto nella norma.

Affermare il mio desiderio schiacciato in questa dimensione di disconoscimento totale è stata una fatica indicibile,la medicalizzazione è stata senz’altro fonte di malessere nella mia vita soprattutto perché i dottori desideravano materializzare il mio corpo in un modo che apparentemente corrispondeva al mio ma non nella sostanza, è una violenza feroce ma trasparente come la carta velina, io volevo togliere il seno e loro me lo volevano togliere, dopo aver iniziato ad assumere testosterone mi facevano domande come:
“ti senti forte?” ,”ti senti virile?”, “hai rapporti sessuali soddisfacenti?”
rispondevo di sì, perché rispondere di no significava fare altre analisi per capire come mai con una dose giusta di ormoni “maschili” non mi sentivo Schwarzenegger, ci sono cascato una volta poi ho imparato a fingere.
La mia integrità era costantemente minata dall’imposizione di un’idea di me che non corrispondeva alla mia idea di me ma che dovevo assumere nel segno della cura, mi era impossibile comunicare il fatto che incarnare la mia idea di maschilità mi facesse e fa sentire in armonia con la mia femminilità ed è per questo che ho scelto di togliere il seno per stabilire un equilibrio tra le mie parti.

In un dibattito costruito in questo modo io non posso intervenire, da una parte sono masochista perché non ho accettato la mia natura, dall’altra un malato considerato biologicamente maschio perché ho il pene, quindi sono uomo quindi la parodia di Big Jim, non posso esprimere la mia corporeità, la mia identità, devo scegliere tra una delle due proposte teoriche, devo interpretare forzatamente uno dei due ruoli.

Mi sono sinceramente rotto i coglioni di vedere la mia esperienza trans costantemente disconosciuta riducendo tutto alla biologia, mi sono preso il diritto di fare come mi pare con il mio corpo senza chiedere il permesso a nessuno e immagino il problema sia questo così facendo non sono più funzionale ad un discorso biologizzante e per questo normativo (sia se fatto nell’istituzione medica o al di fuori di essa) allora devo stare zitto, è ora di farla finita è ora di buttare questi discorsi nel cesso insieme a chi li fa, è ora di ascoltare le persone non di continuare a parlargli sopra e dirgli come si devono definire e cosa devono fare con il corpo altrimenti sono binarie, cisgender, non si accettano, non si piacciono ma de che cazzo stamo a parlà?
Immagino faccia molta difficoltà pensare ad un corpo trans al di là della rappresentazione stereotipata che si ha e fa di esso, come fa difficoltà lasciare all’altro il diritto di dare significato a ciò che vuole, se sei intersex il significato ce lo ha la violenza medica, ce lo hanno i cromosomi, mi piacerebbe sapere queste certezze da quale pippe mentali vengono perché qui ad essere studiati dovrebbero essere altri comportamenti, qui il problema serio nella vita ce lo ha qualcun altro, qui a non accettare la realtà non sono io.

Sono cosciente di vivere una dimensione altra e sotto alcuni aspetti privilegiata dell’esperienza trans infatti con l’operazione e l’assunzione ormonale mi sono anche tolto da una dimensione di marginalizzazione sociale esattamente il contrario di quanto accade a molte persone, non ho mai avuto problemi di rettifica dei documenti ne ho dovuto farmi diagnosticare la disforia di genere per accedere alla pratiche trans, posso fare passing e a volte lo faccio – spudoratamente – non mi vergogno per questo piuttosto lo problematizzo.

La mia esperienza dimostra l’inesistenza della disforia di genere e la possibilità di tramutare l’iter medico intersex in un esperienza edificante come quella trans è questa la strategia che ho adottato per rendermi soggetto attivo di un discorso in cui sono l’oggetto, non credo sia l’unica prospettiva possibile per risignificare la propria esperienza di vita, ma credo fermamente che un soggetto intersex possa emergere solo dando centralità alle proprie pratiche di r-esistenza.

Sono uomo, transito nelle molteplici dimensioni della maschilità senza maschi.
Stacce.

di Lorenzo Santoro

(di Lorenzo Santoro trovare un altro bellissimo articolo sul sito di Malapecora / qui)

(¹) Antony and the Johnson. “You are my sister”. Anohni, 2005

La foto di copertina è stata scattata al “Laboratorio Sadomaso per principianti” a cura di Nita. Grazie!

 

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