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Quando il vibratore scompiglia l’ordine patriarcale

Visioni a catena. Un nuovo festival dedicato alla bicicletta con uno sguardo femminista.

Visioni a catena è un nuovo Festival in città, tre giorni di cinema, arte e storie di bici. La prima edizione è dedicata alle donne, perché la bicicletta non è solo un mezzo, ma una scelta politica per nulla neutra, anche nel genere!

Visioni a Catena – 18,19 e 20 luglio 2019 – è un progetto a cura di Simona Larghetti, Silva Fedrigo e Jonathan Ferramola per #salvaiciclisti Bologna, con il contributo di Fondazione del Monte e Dynamo Velostazione, con la collaborazione di Rodaggio Film e il supporto di Cinemambiente Torino.

Il Festival è dedicato alle donne “quelle che pedalano, quelle che vorrebbero pedalare, quelle che lottano perché la mobilità sostenibile sia un diritto trasversale, inclusivo e senza barriere di genere.” 

Visioni a Catena Festival

 

Il corpo delle donne è sempre stato soggetto a forti limitazioni anche fisiche. Un corpo funzionale alla ri-produzione e al lavoro di cura, non adatto allo sport, alla velocità, al piacere e al sesso non riproduttivo. Un corpo percepito erroneamente come fragile, da tutelare. Percezione che emerge dalle frasi che fin da bambine ci siamo sentite ripetere e che a nostra volta, magari inconsciamente, pronunciamo: “Non uscire da sola”, “Stai seduta a modo”, “Chiudi le gambe”, “Non è uno sport per ragazze”, “Oh, mamma guarda, un’autista di autobus donna…” eccetera, eccetera. La bicicletta è stata (e lo è tuttora) una grande alleata per contrastare questo stereotipo di “fragilità”.

La bicicletta (così come successivamente la moto) ha permesso alle donne uno spostamento individuale, indipendente dalla famiglia. La bicicletta ha permesso alle donne di attraversare lo spazio pubblico in autonomia e di muoversi senza mostrare documenti. Pratica e mezzo di Resistenza, come quello delle staffette e dei Gruppi di difesa della donna che nel nostro Paese, non a caso, si muovevano sulle due ruote. 

 

 

Quando si possiede una bicicletta non si è più dipendenti dagli altri, ci si appropria del tempo prendendo consapevolezza del proprio corpo, ma anche del corpo sociale. Una sciame di donne su due ruote è un buco nel Sistema. 

Ma c’è anche un altro aspetto da sottolineare, quando si sale in sella si aprono le gambe, un gesto sconveniente, poco “femminile”, talmente di grande impatto che in alcuni paesi islamici alle donne non è concesso pedalare. Un’ingiustizia assurda che, se ci pensate bene, non è poi tanto differente dallo sguardo maschile occidentale, come quello verso le donne che vanno in moto (non a caso le motocicliste sono ancora una rarità in Italia) o al sempre verde detto “donna al volante pericolo costante”. 


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L’incapacità delle donne nella guida è un luogo comune e una forma di sessismo interiorizzato talmente radicato da risultare innocuo, ma se pensiamo che non sempre e non ovunque si può contare sui mezzi pubblici, ecco che questo sguardo moralizzatore diventa concretamente limitante per le donne. In contesti e territori dove i mezzi pubblici scarseggiano, potersi spostare in bicicletta o in moto è una pratica di autodeterminazione. Non a caso la casa di distribuzione cinematografica Rodaggio Film (tra i promotori del Festival)  non è nuova alle proposte di film con un taglio di genere come quelli presentati a Natural Born Lady Rider una rassegna dedicata alla produzione filmica incentrata sulle donne motocicliste. 

 

Dot Robinson

 

Per Visioni a Catena sono state selezionate delle vere chicche, film indipendenti che saranno proiettati in anteprima nazionale, ma anche illustrazioni e personaggi che arricchiscono il programma e raccontano esperienze sociali, sportive e politiche che hanno contribuito al percorso di emancipazione femminile in cui la bicicletta ha avuto un ruolo fondamentale. In mostra ci saranno le tavole del progetto Biciclette/Bicycles ideato da Eleonora Antonioni nato in forma di blog nel 2012. Le stampe autografate dall’autrice saranno in vendita solo nei giorni del Festival: il ricavato sarà devoluto un beneficienza alla World Bicycle Relief, l’organizzazione mondiale che in 10 anni ha costruito e fornito più di 400.000 biciclette speciali per trasporto persone e cose alle aree rurali di Paesi in via di Sviluppo.

Nei titoli selezionati è lampante uno sguardo che rompe le barriere, sconfinando da Los Angeles nella comunità ispano americana delle OVARIAN PSYCOS, fino a Kabul con le ragazze della Nazionale di Ciclismo nel documentario AFGHAN CYCLES. E come non citare l’incontro con Antonella Bianco -regista – e Roberta Amadeo – co-protagonista – di Voglio una ruota il primo documentario dedicato alla bici come strumento di emancipazione femminile e che racconta le esperienze di atlete emergenti ed affermate, ma anche le storie delle donne a cui ancora oggi, in alcuni Paesi, è impedito pedalare.  “Voglio una Ruota” è una produzione alimentata da una partecipata campagna di crowdfunding partita nel settembre del 2015  già presentata a Dynamo in occasione del suo lancio.

Tutto il programma è sinceramente interessante e lo trovare qui. Il festival  non si svolgerà in una sala cinematografica, ma all’interno di “Dynamo” la prima velostazione ad aver aperto in Italia e gestita da una cooperativa di appassionate/i della bicicletta. Dynamo difatti non è solo una velostazione in cui parcheggiare in sicurezza la bicicletta, ma è soprattutto una “casa” dedicata ai ciclisti urbani. 

Il Festival propone visioni, ma anche momenti in cui interrogarsi sul modo in cui la bicicletta ha sostenuto e può sostenere il processo di emancipazione della donna, in un contesto attuale in cui poter praticare lo sport che si ama ti espone non solo alla derisione, ma purtroppo anche al rischio di morte.

Il Festival si aprirà con un dibattito per concludersi con una pedalata “Clito Ride – pedalata femminista” per riaffermare la coerenza tra tutela dei diritti delle donne e soggettività LGBT*QI+, perché in un clima che sempre più ostacola la libera e sicura possibilità di movimento nelle città, tentando di confinare le categorie “più scomode” e più vulnerabili ai margini dello spazio urbano, non ci resta che salire in sella e riprenderci lo spazio che ci spetta!  

foto di copertina by Sylvia Frances Films / Michael Raines

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