Susanna si fa i ricci… e la pagherà cara
L’opposizione di genere, che prescrive agli individui come essere maschi o femmine, secondo molti studi pedagogici (in Italia sono noti, dagli anni ’70, gli scritti della pedagogista Elena Gianini Belotti) è trasmessa fin da subito ai bambini dagli adulti che già hanno interiorizzato e reso abituale la demarcazione tra ciò che è prettamente maschile e ciò che appartiene “per natura” alla femminilità (in questo senso la Disney si macchia di orribili crimini contro l’infanzia).
Avendo a che fare quotidianamente con bambini piccoli, mi stupisco sempre abbondantemente di come gli adulti trovino metodi curiosi, estremi e a volte persino crudeli per “infondere” lo spirito del genere nei pargoli, spirito che, neanche a dirlo, aleggia maggiormente sulle bambine: piccole prefiche dai capelli che non si tengono quasi mai corti e fermati da mollettine e ferretti assai bizzarri.
Invocherei ad esempio l’intervento degli assistenti sociali quando, chiedendo ad una bimba che gusto c’è a vestirsi sempre di rosa, ottengo come risposta che in realtà è solo la mamma a gradire il look “totally pink”.
Di recente, canticchiando allegramente le canzoncine con i bambini, ho fatto una scoperta che ha del sensazionale: la triste storia di una ragazza, Susanna, che solo per aver accettato la corte di un “principino piccino”, verrà malmenata fino alla morte apparente.
Ecco il testo con relativo commento e integrazione delle diverse versioni trovate su internet:
Susanna si fa i ricci, i ricci, i ricci Susanna si fa i ricci, i ricci per ballar.
L’introduzione ha come tema la vanità propria del “gentil sesso”. Grazie a questa intro al femminile la canzone appassiona maggiormente le bambine.
Ma quando fu al ballo nessuno, nessuno, ma quando fu al ballo, nessuno la invitò.
… pure sfigata.
Soltanto un principino, piccino, piccino, soltanto un principino, piccino la invitò.
Alla fine rimedia un principino “piccino” (o “sciocchino” in altre versioni).
Al primo ballo una rosa, una rosa al secondo ballo due rose, due rose al terzo ballo tre rose le donò. Suo padre alla finestra: Susanna, Susanna! Suo padre alla finestra: Susanna, vieni qua! No, no papà non vengo, non vengo, non vengo no, no papà non vengo, non vengo in verità.
Qui accade l’evento che dà la svolta alla vicenda. Un padre padrone richiama la sgallettata dalle danze, lei però si rifiuta di abbandonare il suo corteggiatore minuto (o scimunito).
Versi alternativi a questi sostituiscono la madre al padre, che però svolge la stessa funzione inibitoria paterna e addirittura, la disobbedienza di Susanna, che potrebbe quantomeno rappresentare il motivo delle botte che seguiranno, non è menzionata.
Ma quando fu a casa, legnate, legnate ma quando fu a casa, legnate le donò. Alla prima legnata un dente, un dente alla seconda legnata due denti, due denti, alla terza legnata tre denti le cascò.
Una legnata, per questa sgualdrina, evidentemente non bastava.
Ecco il dottore che sale le scale: mamma sto male, mamma sto male! Ecco il dottore che bussa alla porta: mamma son morta, mamma son morta! Ecco il dottore che fa la puntura: mamma ho paura, mamma ho paura! Ecco Pierino (o “il dottore” ndr) che gira la piazza: mamma son pazza, mamma son pazza!
Pierino ci sta sempre bene (canzoncine, barzellette, commedia sexy). Qui però Pierino, indovinate chi è?
Ecco Pierino che porta l’anello: mamma che bello, mamma che bello! Dopo quaranta giorni Susanna guarì: Viva gli sposi, viva gli sposi!
Pierino era il principino piccino e sciocchino che dopo aver molestato e disonorato Susanna con delle rose, se la deve maritare dopo la quarantena. La trasgressione di questa donnaccia si normalizza con il matrimonio. La versione della canzone nella quale non si rimedia al danno, conclude con una Susanna dolorante e punita.
Dopo avermi rivelato la filologia della canzone, internet mi svela altre canzonette per bambini in cui la donna è sempre una poco di buono che la figura maschile del padre deve ricollocare al suo posto, in qualche caso, la donna si emancipa e afferma la sua indipendenza.
Così succede nella storia di Luisella
C’eran tre sorelle venute da lontan, Luisella la più piccola si mise a navigar, e mentre navigava le cadde l’anello in mar “O marinar dell’onda pescatemi l’anello” “Se io ti pesco l’anello tu cosa mi darai” “Ti do tre monete d’oro e una borsa ricamata” “La borsa non la voglio,voglio il bacin d’amor”
e mentre si baciavano arriva il suo papà
“Luisella cosa fai, baciare un marinar!”
Quand’ero piccolina mi piacevano i biscotti, adesso che son grande mi piacciono i giovanotti. …anche se sempre di biscotti si potrebbe parlare. Quand’ero piccolina mi piacevano le more, adesso che son grande mi piace far l’amore. Quand’ero piccolina mi comandavi tu, adesso che son grande non mi comandi più.
Questa canzone somiglia molto al famoso canto popolare lombardo, cantato in molte scuole, La bela la va al fosso che in un finale alternativo prevede che la bella anonima concluda il suo incontro col bel marinaretto accondiscendendo alle richieste del padre
Papà papà perdonami, non lo farò mai più, non lo farò mai più
Queste sono alcune figure femminili che animano i giochi dei bambini (ci sarebbe da aggiungere almeno la cinesina rinchiusa nel vaso che si spera non faccia la fine di Madama Butterfly). Le caratteristiche antitetiche pertinenti ai generi maschio e femmina (forza e debolezza, servire ed essere serviti, attività e passività) che la struttura sociale perpetua sono sollecitate fin dalla più tenera età.
Tutti ci ricordiamo della solidale regina della casa chiamata anonimamente La bella lavanderina. In pochi sanno che nel testo completo non solo sgobba nel lavoro domestico dedicato ai bisognosi ma deve pure fare “la riverenza”. Almeno però bacia chi le pare.
Note a margine
Riflessioni contro le discriminazioni di genere nell’infanzia e l’erotizzazione del corpo femminile delle bambine (di questi temi si occupa la campagna “Libera Infanzia”).
Indicazioni di letture sull’argomento “Sesso e genere” per i più piccoli.